Grandes Jorasses
Cresta des Hirondelles
22/08/2013
Sono trascorse due settimane da quando ho salito la punta Dufour e, per una serie di coincidenze fortuite, riesco a liberarmi nuovamente per altri due giorni. Sul Monterosa mi sentivo in gran forma e volevo concludere la stagione estiva con qualcosa di grande. Facendo il solito giro di telefonate per cercare il compagno di gita mi risponde Davide B.,sempre pronto. Dopo aver sfogliato in lungo e in largo il libro dei 4000, attira la mia attenzione la cresta Albertini sulla Dent d'Herens, ma non riesco a trovare relazioni e, soprattutto, la discesa è veremente lunga, considerando il fatto che si arriva
alla diga di Place Moulin avendo lasciato la macchina a Cervinia. Non mi sembra proprio una gita di due giorni, così abbandono l'idea.
alla diga di Place Moulin avendo lasciato la macchina a Cervinia. Non mi sembra proprio una gita di due giorni, così abbandono l'idea.
Continuando a sfogliare il libro ormai consumato, arrivo alle Grandes Jorasses e propongo la salita a Davide, che accetta di buon grado; così si parte!
Con la solita preparazione degli zaini su un bel prato della val Ferret,ci avviamo veso il bivacco Gervasutti; dopo tre ore di cammino, arriviamo a questo mitico bivacco che da circa due anni vedo in prima pagina su tutte le riviste di montagna. Il bivacco è fantastico: la sua forma, la tecnologia di cui dispone con computer con wi fi, piastre elettriche, luci a led,...e, soprattutto, la vetrata che si affaccia a sbalzo sulla valle.
Prima che venga sera guardiamo il percorso che dovremo seguire sul ghiacciaio per arrivare al colle des Hirondelles, dove parte la nostra via; non sembra complicato, ci sono solo dei grossi buchi da aggirare, ma essendoci la luna piena, non ce ne preoccupiamo e ci infiliamo sotto le coperte. In realtà, una volta partiti, scopriamo che i buchi sono immensi e difficili da passare; grazie a un bel ponte di neve affilato riusciamo a passarne uno, mentre per un altro dobbiamo addirittura fare un tiro di corda con uscita in piolet tracion.
Arrivati al colle inizia ad albeggiare e intorno a noi si illuminano montagne stupende dalla Verte fino all'Emilius; se non fosse che "è gia tardi" (sono le sei spaccate) me lo godrei sicuramente di più.
La via appare subito di alta montagna, nel senso che, tra diedri e crestine tutte similil, le possibilità di salita sono molte e gli ancoraggi dei passaggi precedenti sono ben pochi, quindi per procedere serve molto il "fiuto " dell'alpinista; fortunatamente riusciamo a individuare la via alternando tratti facili con rocce rotte, a belle placconate con lame dove proteggersi con friends e nuts.
Arrivati ad un terzo della via, giungiamo all'intaglio dove ci aspetta la mitica "fessura Rey", tiro più
difficile della via; cerco di salire in velocità per non spomparmi le braccia, moschettono qualche chiodo arrugginito, un nut incastrato e aggiungo due dadi dei miei, così, con uno stile inguardabile, riesco a mettere piede sul terrazzino della sosta. La via prosegue su diedri e placchette molto belle ancora per qualche tiro, fino ad incontrare un pendio di ghiaccio dove ci "ramponiamo".
Mancano ancora 200 mt alla vetta, l'ora è già tarda e noi iniziamo a essere un pò stanchi, ma pian piano che saliamo si intuisce che la cresta che stavamo seguendo inizia ad abbattersi e in poco tempo arriviamo sulla cornice di vetta della punta Walker. La soddisfazione è immensa, una storica via su una gran montagna è stata salita.
Come alcuni di voi sanno, finchè non sono dalla macchina, non quieto mai (forse qualche gene di famiglia lasciato in eredità), così dopo un quarto d'ora mi avvio verso la discesa; la prima ora la passiamo a scendere una specie di traccia su una pietraia inclinata a 30°, poi traversiamo sotto il seracco sommitale e infine arriviamo alla base dei rochers Whymper. Scendiamo ancora con tre doppie da 50 metri e traversiamo a sinistra per arrivare al famoso reposoir. Ci divertiamo ancora un altra ora su un ravanaio senza uguali, poi altre due doppie e arriviamo finalmente sul ghiacciaio da dove in mezz'ora arriviamo al rifugio Boccalatte.
Non conoscendo la discesa, avevo chiesto informazioni a mio papà, che si ricordava una discesa su ghiacciaio senza grosse difficoltà, escluso il passaggio dai rochers Whymper; probabilmente dal 1985 ad oggi lo scioglimento dei ghiacciai è stato notevole, perchè noi abbiamo toccato quasi più roccia che neve.
Al rifugio sono ormai le 17.30, ma il peggio è passato e, grazie ad un "comodo" sentiero che mi ha fatto diventare entrambe le unghie degli alluci neri, arriviamo dalla macchina all'imbrunire, stanchi ma contenti di avere concluso una stagione coi fiocchi.
Andrea Fasciolo